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Terre e rocce da scavo

  • Gestione rapporti con gli Uffici di Vigilanza preposti;
  • Valutazioni analitiche (indagini ambientali) finalizzate a stabilire il rispetto delle condizioni per il riutilizzo e/o recupero;
  • Determinazioni analitiche finalizzate a stabilire l’idoneità a successivi processi di stabilizzazione a calce o a cemento;
  • Formulazione e stesura delle relazioni tecniche che presentate alle autorità competenti, consentano il regolare riutilizzo ai sensi del art. 186 del D.Lgs. 152/06 e s.m.e.i. di materiale inerte da scavo (terreno da coltivo, sabbia da sottofondo, argilla, terra e rocce ecc.);
  • Espletamento delle procedure operative previste dalla normativa nazionale e regionale per la gestione delle terre e rocce da scavo (art. 186 del D.Lgs. n. 152/06 - DGRV n. 2424 del 08/08/08)
  • Individuazione siti per il riutilizzo, recupero e smaltimento;
  • Gestione attività di scavo, trasporto e conferimento in impianti di smaltimento, recupero e/o in siti per il riutilizzo di terra e rocce da scavo.
  • Lavori di scavo di sbancamento o a sezione obbligata, movimento terra, formazione di rilevati, trasporto, stesa ecc;

Con l’entrata in vigore, lo scorso 13 febbraio, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, che ha riformulato l’art 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativo alle “Terre e rocce di scavo”, si è realizzata una regolamentazione sostanzialmente nuova di tali materiali che incide anche sulla disciplina regionale in materia.

Sulla base, delle precedenti disposizioni nazionali in materia (art. 1, commi 17, 18 e 19 della legge n. 443/2001, come successivamente modificata dall’art. 23 della legge n. 306/2003, e art. 186 del d.lgs. n. 152/2006 nella sua versione originaria) la Regione del Veneto aveva già, e a più riprese, disciplinato la materia adeguandola al succedersi delle varie norme statali.

Il fine della disciplina regionale è stato quello di regolamentare le procedure tecnico-amministrative relative, soprattutto, al rilascio del parere ARPAV, elemento attorno al quale ruotava tutta la procedura che consentiva di escludere a determinate condizioni le terre e rocce da scavo dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti. Nel contempo la medesima disciplina regionale non ha tralasciato di individuare modalità di verifica della qualità dei siti diversificate a seconda della potenziale pericolosità degli stessi dal punto di vista delle pressioni ambientali. In particolare, la d.g.r. n. 80/2005, a seconda della localizzazione del sito rispetto a specifiche fonti di pressione ambientale, ha stabilito diversi approfondimenti tecnico-analitici di caratterizzazione dei terreni.

Nondimeno, l’articolo 17 della legge regionale n. 20/2007 ha rafforzato questa diversificazione delle metodologie di indagine prevedendo l’autodichiarazione, sostitutiva del parere ARPAV, e la non necessità di riscontri analitici relativamente ai materiali di scavo provenienti da terreni ubicati nelle zone non sottoposte a fattori di pressione ambientale previamente individuate in una mappatura del territorio regionale predisposta da ARPAV; peraltro, nelle more della redazione di tale mappatura, sono state assunte come zone “non interessate da attività pericolose” quelle indicate nella d.g.r. n. 80/2005.

Inoltre, la disciplina regionale ha previsto la necessità di consentire la tracciabilità delle terre da scavo fornendo così agli enti deputati al controllo, ed all’ARPAV in particolare, gli strumenti più idonei per collazionare un quadro di conoscenza, il più approfondito possibile, delle movimentazioni e degli utilizzi delle terre e rocce da scavo in ambito regionale.

Con la nuova, vigente, formulazione dell’articolo 186, infatti, sono state introdotte significative modificazioni ed innovazioni al regime delle terre e rocce di scavo (ad esempio, non viene più richiesto il preventivo parere dell’ARPAV), tali da determinare la disapplicazione di talune disposizioni dell’articolo 17 delle legge regionale 16 agosto 2007, n. 20.

La mutata situazione legislativa, però, non toglie che rimangano integre le linee direttrici dell’azione regionale, fino ad oggi tracciate nei provvedimenti sopraccitati, e coerentemente finalizzate ad ottenere:

  • una regolamentazione univoca, sia dal punto di vista amministrativo/procedurale che dal punto di vista tecnico, delle disposizioni statali per raggiungere gli obiettivi di massima salvaguardia ambientale e di certezza interpretativa da parte degli operatori, pubblici e privati, e degli enti di controllo;
  • una diversificazione delle modalità di accertamento analitico della qualità dei siti, in relazione alla loro potenziale pericolosità conseguente alla vicinanza e/o alla presenza al loro interno di fonti di pressione ambientale, per permettere un’azione più incisiva nei siti più “pericolosi” e rendendo più agevoli le verifiche sugli altri;
  • la tracciabilità della movimentazione delle terre da scavo, sia per garantire l’”effettività” del loro utilizzo, sia per ampliare il quadro di conoscenza territoriale relativamente alla qualità ambientale dei siti da parte degli vari soggetti coinvolti nella tutela ambientale;
  • la salvaguardia degli aspetti ambientali, con misure per evitare che si verifichino episodi di trasferimento di inquinamento da un sito ad un altro per il solo effetto della ricollocazione inadeguata dei materiali di scavo;
  • l’esigenza di ottimizzare l'utilizzo delle terre e rocce da scavo aventi caratteristiche proprie dei materiali di cava (previsti alla L.R. n. 44/1982 e all’articolo 2, comma 3 del R.D. 29 luglio 1927 n. 1443), considerando che la razionalizzazione dell'uso di tali materie prime comporta indubbi vantaggi anche sotto il profilo logistico ed ambientale.

Queste linee direttrici della disciplina regionale non hanno ragione di venir meno anche in presenza delle innovazioni introdotte dal nuovo art. 186 infatti esso prevede che le terre e rocce da scavo rientrano nella definizione di sottoprodotto

  • qualora destinate all’impiego in processi industriali, in sostituzione di materiali di cava rispettino le condizioni previste dall’art. 183, comma 1, lett. p), del d.lgs. n. 152/2006 (si tratta del riferimento alla definizione di sottoprodotto ed alle condizioni ivi indicate che devono tutte essere rispettate per qualificare in questo modo un materiale);
  • qualora utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati, siano utilizzate nel rispetto di determinate cautele

Alla luce delle nuove normative emerge quindi la necessità di disciplinare alcuni aspetti documentali e procedurali in modo che sia i soggetti che realizzano le opere dalle quali derivano le terre e rocce da scavo, sia gli enti chiamati a rilasciare le necessarie autorizzazioni, sia le autorità di controllo, siano nelle condizioni di svolgere le rispettive attività nel pieno rispetto della ratio della disciplina.

È necessario comunque chiarire che la presentazione della documentazione prevista dall’articolo 186 è facoltativa in quanto necessaria esclusivamente al fine di qualificare i materiali di scavo quali sottoprodotti, pertanto:

  • in caso di mancanza della documentazione prescritta il materiale dovrà essere gestito come rifiuto, ai sensi di quanto espressamente previsto dal comma 5 dell’articolo 186;
  • la presentazione della suddetta documentazione non interferisce in alcun modo con le procedure di rilascio (e/o di formazione del silenzio assenso) dei provvedimenti autorizzativi in materia edilizio/urbanistica relativi a opere o interventi dai quali deriva la produzione di terre e rocce di scavo, che tendono alla verifica di tali aspetti;
  • nessuna prescrizione riguardante l’utilizzo del materiale di scavo può essere contenuta nei provvedimenti amministrativi in materia edilizio/urbanistica del punto precedente.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915: Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policloritrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi

Decreto Ministeriale del 5 settembre 1994 - Attuazione degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 8 luglio 1994, n. 438, recante disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di smaltimento dei rifiuti

Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22: "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio"

Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998: Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22

Legge 23 marzo 2001, n. 93: “Disposizioni in campo ambientale”

D.G.R.V n. 80 del 21 Gennaio 2005: “Nuovi indirizzi e linee guida per la gestione dei materiali derivanti da operazioni di escavazione.”

Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152: “Norme in materia ambientale” – Parte Quarta – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati

D.G.R.V n. 1749 del 6 Giugno 2006: “Decreto legislativo 152/06; L.R. 3/2000.

Utilizzo dei residui della lavorazione della pietra destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevarti e macinati”

Legge regionale 16 agosto 2007, n. 20: “Disposizioni di riordino e semplificazione normatica – collegato alla legge finanziaria 2006 in materia di difesa del suolo, lavori pubblici e ambiente”

Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4: "Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale"

D.G.R.V n. 2424 del 8 agosto 2008: “Procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo ai sensi dell’art. 186 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.”

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