Il D.Lgs 152/2006 recante “Norme in materia ambientale” ha abrogato e sostituito a partire dal 29 aprile 2006 il D.Lgs 22/1997 (il cosiddetto “Decreto Ronchi”) compreso l’articolo 17 recante norme in materia di bonifiche di siti contaminati.

Tale articolo, attuato con l’entrata in vigore del D.M. n. 471 del 25 ottobre 1999, definiva i limiti massimi di concentrazione superati i quali si incorreva in una situazione di “contaminazione” necessaria per far scattare l’obbligo di bonifica.

L’art. 17 del D.Lgs 22/1997 viene sostituito dal nuovo “Codice ambientale” con un intero titolo dedicato alla “Bonifica di siti contaminati” (il titolo V, articoli da 239 a 253) composto da 15 articoli e 5 allegati; riferimenti importanti in materia si trovano anche nelle disposizioni transitorie e finali (articoli 265 e 266) e negli articoli relativi alla prevenzione ambientale e al ripristino ambientale (articoli 304 e seguenti).

La nuova disciplina di cui al D.Lgs 152/2006 è riferita ai “siti contaminati” e non più ai siti inquinati come faceva il D.M. 471/1999.

La principale novità del nuovo sistema, risiede nell’analisi di rischio sito-specifica al fine di:

a) valutare se un sito è o non è contaminato;

b) individuare gli obiettivi della bonifica per i suoli e le acque.

Secondo la nuova normativa, si definisce sito contaminato, un sito nel quale, sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all’Allegato 1 alla parte quarta del Testo Unico Ambientale, risultano superati.

In definitiva per definire un sito “contaminato” si è passati da un approccio puramente tabellare (D.M. 471/99) ad un approccio basato sulle risultanze dell’analisi di rischio sito-specifica (D.Lgs 152/2006) procedura che può apparire opinabile ai non addetti ai lavori ma che in realtà e governata da precisi riferimenti normativi tecnico scientifici.